giovedì 29 marzo 2012

Vita quotidiana da strega


Caro gufo, mi fa un po’ strano scriverti, ma forse ciò è dovuto in parte al fatto che è la prima missiva che ti invio in un modo del tutto inconsueto, così come d’altra parte dovrebbe esserlo il fatto che un animale possa saper leggere questa sfilza di simboli che sto mettendo uno dopo l’altro in una sequenza apparentemente pseudo-logica.

Per conoscerci, vorrei cominciare a raccontarti qualcosa di me e della mia incostante vita da strega. Mi piacerebbe utilizzare immagini d’effetto e mirabili iperboli per mitigare un po’ la mia vergognosa nullafacenza, eppure so che se lo facessi non sarei sincera con me stessa, tantomeno con te e altri probabili gufi e gufe che mi stanno leggendo o che mi leggeranno. Concedimi, allora, di descrivere solo una piccola immagine: il sole che gira proprio ora oltre lo spigolo dell’ultima finestra della casa, dimenticandosi – solo apparentemente – di me e di te.
E’ per me un grande orgoglio questa casa che possiedo e che condivido con l’uomo che amo. Ogni finestra, essendo esposta a sud, mi permette, ogni volta che mi affaccio, di vedere il proseguire del giorno o della notte, di seguire il sole e la luna nella loro ascesa e conseguente declino. Mi permette, se esco sul balcone, di bagnarmi della pioggia o di acchiappare la neve appena scende. Mi ricorda costantemente il ciclo della vita e della morte, facendomi sentire completamente appartenente ad esso. Attorno e dentro questa casa ho creato il mio luogo magico che, poi per dirla tutta, più che essere magico per quello che ci faccio, lo è per i ricordi che a lei mi tengono fortemente radicata. Ho imparato a conoscere erbe, fiori e piante e, con non poca difficoltà, con il tempo il mio balcone si è arricchito e colorato. Anche questi sono lì, ad ogni alba e ad ogni tramonto, a darmi lezioni sulla vita, la morte, sulla volontà, la passione, l’impegno e il coraggio. Ci sono pile e pile di libri sul mio comodino (a volte me li ritrovo persino tra le lenzuola!) ma, nonostante questo, il libro che preferisco leggere di più è quello della natura. Appena posso, lascio per qualche giorno questo spazio, ormai più che sacro per me, per andarmene fuori città: tra boschi, montagne ma anche spiagge e soprattutto rocce e antiche rovine.
Senza troppi fronzoli, ecco, ti direi che questa è l’unica ritmicità che do alla mia vita da strega e aggiungerei che, se non fosse per la parola data a chi condivide con me questo progetto di condivisione e reciproco scambio di esperienze, pensieri e saperi, ora infilerei questo foglio di carta nell’unico angolo della mia casa che odora un po’ di wicca: una vecchia, piccola vetrinetta appartenuta a mia nonna e da me rimpinzata di candele, oli, incensi e vari altri arnesi tutti sentimentalmente riciclati sempre da lei. Non li utilizzo per tutte le festività, perché la mia costanza o incostanza va di pari passo non tanto agli impegni che mi trovo a dover portare a termine quanto, piuttosto, ai miei personalissimi stati d’animo e … quando lo Scorpione prende il sopravvento e comincio a vedere tutto nero, l’unica soluzione è portarlo ai Laboratori di Creatività che faccio con dei bambini che sostengo nelle scuole. Mescolando un po’ il gioco all’essenza vera e propria di una festività che loro non conoscono, trasformo e forse stravolgo (e non so se sia un bene oppure un male) un po’ il tutto. Questo, ad esempio, è successo la scorsa Luna della Semina, quando abbiamo piantato semi di fiori per tutto il parco che è a pochi passi da questo tumulto di caos, automobili e cemento in cui viviamo.
Ultimamente, sto andando sempre più spesso in questo parchetto. C’è un giovane pino tutto storto ma anche abbastanza forte da aver superato ogni frustata ricevuta dal vento. Per il suo essere così buffo mi fa sorridere, dandomi al contempo, però, anche molto coraggio. Nonostante sia tra quelli schiaffati proprio nei pressi del cancello d’entrata, nonostante non sia tra quelli più “appartati” e dunque più adatti per “farci insieme cose sagge” mi piace molto sedermici sotto e compilare il mio personalissimo Libro delle Ombre. E’ un obiettivo che mi sono data: dedicarmi con più costanza almeno allo studio teorico e “costruire” qualcosa che rispecchi la mia essenza e la mia maniera di stare al mondo.
Ti farò presto sapere se uno dei due è caduto o se, invece, entrambi stiamo ancora lì sul prato, storti o perfettamente eretti poco importa. L’importante credo sia l’esserci con passione e vitalità, sapendo resistere nel convincimento che continuare a stare dentro la propria natura e dentro le proprie scelte è qualcosa di fondamentale per se stessi, ma anche per gli altri.

venerdì 24 febbraio 2012

Tell the Owl

Sulla scia del successo di Pagan Blog Project, la Modern Witch League farà partire, a Marzo 2012, il progetto Tell the Owl, in cui i pagani d’Italia potranno scambiare e condividere – per la durata di un anno intero – conoscenze, riflessioni, studi e quant’altro.



Ogni Luna Nuova verrà trattato un argomento inerente al paganesimo, la stregoneria, la magia e la spiritualità. Il canale di trasmissione, come già detto, sarà prettamente quello telematico e saperi e riflessioni potranno essere condivisi principalmente sul forum di Sacerdotesse di Avalon e solo secondariamente anche su blog e/o siti personali.

Per maggiori informazioni, chiarimenti – nonché per partecipare – è consigliabile visitare il forum di Sacerdotesse di Avalon e la pagina Facebook dedicata al progetto.

Giorno Pagano della Memoria 2012

Dal 2006, il 24 Febbraio è diventata la data che rievoca il giorno in cui, nel 391, per opera di un editto emanato dall’imperatore Teodosio, il Sacro Fuoco di Vesta venne spento per sempre e le pratiche pagane condannate. 
Tutti i gruppi che si professano pagani ricordano non solo questo evento ma cercano di riportare l’attenzione su quanto, nel mondo moderno, si mantiene delle antiche radici religiose.
Rievocare gli antichi culti è, dunque, la parola d’ordine, ma non solo. Trovano spazio e voce anche il ricordo delle avversità e delle violenze subite dai “pagani” nel momento in cui un Uno (non solo religioso ma anche politico, sociale e culturale) cercò di porre termine alla molteplicità del sentire, del vedere e del vivere.
Il “fuoco” delle antiche sacerdotesse di Vesta si fa simbolo di un sentimento religioso “diverso” dall’unico accettato come vero. Sarà Bologna, quest’anno, il luogo della celebrazione principale del Giorno Pagano della Memoria e si ricordano gli eventi legando un nastrino viola attorno al proprio polso.
Eretici, streghe e scienziati vengono ricordati per i loro contributi alla libertà non solo del pensiero ma anche del sentire e del vivere, a nuova conferma che è possibile la convivenza anche tra visioni della vita fra loro molto diverse.
Personalmente, quest’anno vogliamo ricordare la figura di Ipazia di Alessandria: una donna sapiente e spirito “divinissimo” in un contesto di lotta per la supremazia.


La vera differenza

non è tra chi crede e chi non crede,

ma tra chi pensa e chi non pensa.



Norberto Bobbio.

Resa maggiormente nota dal film Agorà (2009) di Alejandro Amenábar, la figura e le vicende vissute da questa giovane donna erano note agli intellettuali sin dai tempi di Voltaire. Decidiamo di portare avanti un “riassunto storico” e qualche riflessione partendo proprio da questo film per poi citare e rimandare anche a testi scritti in vari periodi storici.
Grande astronoma e pensatrice, visse ad Alessandria d’Egitto tra il 370 e il 415 d.C. Fondata nel 331 a.C. da Alessandro Il Grande e concepita come centro commerciale e culturale, Alessandria non va ricordata solo per questi motivi, ma anche perché fu un luogo macchiato da numerose e violentissime persecuzioni contro i pagani. Il museo, la Biblioteca ed il Serapeo (il tempio di Serapide), la scuola di Ipazia legata all’accademia neoplatonica ad Atene furono le “perle” che caratterizzavano questa grande città del passato. Città ricca (commercialmente e culturalmente) riusciva a mettere in contatto fra loro culture ed etnie diverse. Questa era la sua punta di diamante. Questo riusciva a renderla così unica. Città che faceva indubbiamente gola a quanti volessero affermarsi univocamente tanto in ambito politico quanto in quello più specificatamente culturale.
Di Ipazia si dice che era bellissima, sapiente, capace di scrutare negli spazi stellari, inventrice di strumenti di misurazione e quindi versata nella speculazione e nella sperimentazione. Ma di lei colpisce, soprattutto, il suo essere stata indomabile nell’amore della verità. Una donna che ha rifiutato di obbedire senza convinzione.
Era “troppo”, Ipazia. Troppo simbolicamente eversiva, troppo vistosamente rappresentativa per non personificare un bottino succulento. Non c’è dubbio che era un pericolo troppo grande per l’ottusità, l’arroganza e la menzogna.
All’inizio del V secolo Alessandria era un centro commerciale e culturale tra i più importanti dell’impero romano d’Oriente, ma anche una città turbolenta per la presenza di tre gruppi religiosi che si facevano guerra: ebrei, cristiani e pagani. Si trattava di una società plurale in cui si stava consolidando la monoliticità della Chiesa cristiana.
Suo padre Teone le insegnò le scienze matematiche e, ben presto, la discepola divenne più brava del maestro, dirigendo la scuola neoplatonica della città. Era ascoltata dal popolo (da qui la scelta del titolo del film) e consultata dai potenti per la magnifica libertà di parola, per il fatto che era dialettica nei suoi discorsi e per le sue competenze matematiche, geometriche, astronomiche e filosofiche.
Nel film s’intuisce anche che altri pensatori riconoscevano l’autorità di Ipazia, persino alcune autorità religiose e civili. Tra queste ultime, ce ne sono alcune che la temevano, tanto come filosofa quanto come “politica” per la sua chiarezza e non soggezione alle convenzioni e alle convenienze del momento. Per tali motivi suscitò invidia fino alla congiura della sua uccisione.
L’intolleranza si mescolò prontamente a quanto di più disumano possa esistere: il non rispetto per gli altri, lo schernimento – che fu rivolto agli déi e, dunque, al popolo che a quelli credeva –. I luoghi di culto e gli oggetti sacri dei pagani vennero umiliati pubblicamente.
Anticipando quello che in seguito fece l’Inquisizione, gli intolleranti cominciarono a catalogare come pagano chiunque non fosse di culto cristiano. La violenza non si perpetuò soltanto contro il paganesimo ma anche contro l’origenismo, la corrente cristiana più affine al neoplatonismo.
Le violenze perpetuate cominciarono a generare altre violenze e anche i pagani si armarono. Sopra ognuno di essi (cristiani, ebrei e pagani) si posava lo sguardo di questa donna, l’unica – forse in quel tempo – ad affermare quanto l’intolleranza verso gli altri culti religiosi porti non tanto all’affermazione del proprio credo quanto, piuttosto, all’annullamento (fisico e morale) dell’altro.
La mente del complotto per l’uccisione di Ipazia fu Cirillo, vescovo cristiano, capo della religione vincente e successivamente nominato Padre della Chiesa. Costui detestava Ipazia che parlava nell’agorà, liberamente, culturalmente e politicamente. Il vescovo non sopportava che Ipazia fosse la stella polare per tanti, a partire dal prefetto augustale Oreste, odiato anche lui dalla gerarchia ecclesiastica al punto che uno dei parabalani, Ammonio, lo ferì gravemente colpendolo in testa con una pietra. Questo sicario venne processato secondo la legge e lasciato morire sotto tortura. Quindi Cirillo ne fece collocare il corpo in una chiesa, ne cambiò il nome in Thaumasios (ammirevole) e lo encomiò quale martire della religione cristiana – procedimento che ritroveremo tante altre volte nella storia!
Con l’assassinio di Ipazia si chiuse un’epoca. Oramai i templi degli dèi e della cultura pagana, in primis il Serapeo con le sue biblioteche, erano stati distrutti, oppure snaturati come il Cesareo trasformato in cattedrale cristiana. Alessandria era stata svuotata della sua vita culturale, privata dei suoi studiosi, ammazzati o costretti alla fuga.


Della figura di Ipazia vogliamo sottolineare e ricordare:
-      La maestra attorniata dai suoi discepoli, mentre insegna astronomia, filosofia e politica, l’arte della relazione attraverso la parola. È evidente l’affetto e l’attaccamento della maestra per i suoi discepoli e di loro per lei e tra di loro. Si considerano un gruppo, un gruppo privilegiato, e di questo dà abbastanza conto il film stesso.
C’è un modo di insegnare in cui si valorizza lo sforzo del discepolo, il bisogno di sperimentare e un modo di imparare in cui viene riconosciuta una grande autorità alla maestra e in cui risaltano le relazioni nel gruppo.
-      È una donna che parla con franchezza, in amore di verità, in spregio del pericolo, a costo della propria vita, perché la comunità sia salva.
Ipazia non ha divinità da ascoltare. Parla a nome di se stessa “spirito divinissimo”. Nessun dio le appare immune dagli attributi di idolo che l’essere umano gli conferisce. Tuttavia, anche Ipazia è in ascolto di una voce che le impone di dire la verità, di fare verità e di esprimersi in piena e totale libertà. Anche Ipazia, come i profeti, viene fatta selvaggiamente ed esemplarmente sparire: sminuzzata, quasi a dimostrare quanto poteva essere calpestata la voce della verità – cercando di sprofondarla nel silenzio.
Forse, il regista non mette sufficientemente in rilievo l’agire politico di questa filosofa neoplatonica, la sua capacità di avere a cuore la città, di mediare tra il potere imperiale, i sacerdoti del panteon classico, i monaci, il clero cristiano e gli ebrei. Ipazia non ha potere, ma gode di grande autorità presso tutti loro e presso la popolazione di Alessandria, un’autorità che riuscirà ad essere scalzata solo con l’accusa di magia nera, di stregoneria, una delle pratiche più temute dal popolo di questa città orientale.
Due scene, in particolar modo, sono da sottolineare. La prima è quando viene messa in bocca ad Ipazia questa frase: “Tu puoi permetterti di non dubitare delle cose, io no”, in un dialogo dell’astronoma con uno dei suoi ex discepoli, Sinesio, già divenuto vescovo di Cirene. L’altra mostra il suo bisogno di pensare, di mettere in discussione il sapere dato per andare avanti nella conoscenza e mostra come la felicità e la libertà di una donna di scienza si radichino nel conoscere il mondo e i suoi/le sue simili.
Se dovessimo dare una parola “moderna” alla tenace lotta di Ipazia dovremmo usare, almeno credo, la parola “responsabilità”: fare buon uso – dare una buona risposta – di ciò che ha ricevuto in dono: sapienza, bellezza e conoscenza.
-      Tra le distruzioni e devastazioni ricreate in Agorà, ce n’è una, particolarmente drammatica, che ha avuto una grande ripercussione per tutta l’umanità: la distruzione della Biblioteca di Alessandria. Anche qui si può fare un parallelismo con le distruzioni delle ultime guerre, nella ex Iugoslavia e soprattutto in Iraq – dove pare siano state distrutte opere che ci permettevano di conoscere le prime espressioni della scrittura, una manifestazione intellettuale fondamentale delle creature umane.
La distruzione della Biblioteca è uno degli effetti dell’intolleranza, in particolare dell’intolleranza religiosa (che con una lettura molto di oggi e forse mirata, può facilmente essere identificata con la visione di una fede cieca in Dio padre e nei suoi ministri, senza lasciare nessuno spazio alla riflessione personale). Ma se il film è una perorazione contro l’intolleranza (“I primi obiettivi dell’intolleranza” – ha dichiarato il regista – “sono le donne e la scienza”), non vi è una perorazione altrettanto forte contro ciò che è alla radice dell’intolleranza, della violenza, della contrapposizione e della guerra.
Le scene violente che il regista ricrea, non fanno vedere come la guerra sia il fallimento della mediazione, della parola, del riconoscimento delle differenze, della politica come arte del possibile.
-      Nel film di Amenábar, le donne sono quasi assenti: se ne vedono alcune tra la folla e nei tumulti di strada, ma poche. Non c’è nessun riferimento alla madre della pensatrice, né a quella degli altri protagonisti. Ipazia figura femminile solitaria? Donne libere come lei hanno detto la loro parola e vissuto in fedeltà al “meglio” del loro essere perché in relazione con altre donne e uomini, anche se la storia ufficiale non li ha fatti conoscere.

Da alcuni testi:
Provenendo dalla scuola di Platone e di Plotino, lei spiegò i principi della filosofia ai suoi uditori, molti dei quali venivano da lontano per ascoltare le sue lezioni. Facendo conto sulla padronanza di sé e sulla facilità di modi che aveva acquisito in conseguenza dello sviluppo della sua mente, non raramente apparve in pubblico davanti ai magistrati. Né lei si sentì confusa nell’andare ad una riunione di uomini. Tutti gli uomini, tenendo conto della sua dignità straordinaria e della sua virtù, l’ammiravano di più. (Socrate Scolastico, Historia ecclesiastica)
Tale era Ipazia, così articolata ed eloquente nel parlare come prudente e civile nei suoi atti. La città intera l’amò e l’adorò in modo straordinario, ma i potenti della città l’invidiarono, cosa che spesso è accaduta anche ad Atene. Anche se la filosofia stessa è perita, il suo nome sembra ancora magnifico e venerabile agli uomini che esercitano il potere nello stato. (Damascio, Vita di Isidoro)
La filosofa Luisa Muraro invita a non trasformare Ipazia in una martire della scienza vittima dell’oscurantismo, una sorta di antenata di Galileo, e a focalizzare il ruolo giocato dal suo essere donna in quel particolare contesto storico: da un lato “lei fu eliminata perché disturbava, con la sua indipendenza, l’antagonismo fra due poteri, quello imperiale e quello ecclesiastico, che erano anche due uomini”, il vescovo e il prefetto; dall’altro “la nascente religione cristiana, a differenza di quella grecoromana e di quella egizia, non rendeva pensabile ed accettabile una donna con le prerogative di Ipazia, libera di sé, non subordinata a partiti o fazioni, presente e parlante in luoghi pubblici, sapiente, maestra dotata di una parola autorevole per donne e uomini”.


Dalle riflessioni del regista:
Il film è nato per caso … volevo fare qualcosa sul tema dell’astronomia, che mi appassiona da sempre. Durante le ricerche tra tanti grandi come Galileo, Newton o Keplero ho scoperto un solo nome femminile, Ipazia. Un personaggio ideale e non solo per la componente femminista. Mi affascinava l’idea di rappresentare la scienza attraverso una donna che, in un’epoca di intolleranza, voleva diffondere la conoscenza con una mentalità aperta e tollerante. Alle sue lezioni c’erano giovani di ogni religione, anche cristiani.
[…] Secondo le cronache Ipazia fu letteralmente fatta a pezzi, volevo una fine più sopportabile per il pubblico, ho scelto la lapidazione, che fa anche parte della realtà di oggi in alcuni paesi. Quanto a Cirillo, è importante per il contesto storico. Di lui sapevo che era un santo, mi ha sconvolto la scoperta di tutto il male che ha fatto mentre era vescovo. Nel film racconto solo il 30 per cento della sua crudeltà. Penso che alla santità sia più vicina Ipazia di lui. Ipazia che, come Cristo, è stata uccisa perché amava il prossimo e parlava con tutti.

[…] Temevo qualche polemica, perché il film evoca un momento del cristianesimo mai raccontato sullo schermo. Ma non vuole offendere la Chiesa. È contro l’intolleranza e il fanatismo, da qualunque parte provenga. Purtroppo oggi come allora l’intolleranza continua ad uccidere. Non mi aspettavo che ad Alessandria ci fosse il divieto sul film per paura che le minoranze cristiane subiscano aggressioni dalla maggioranza islamica.

Letture per approfondire:
ATHANASSIADI, Polymnia, "Persecution and Response in Late Paganism: The Evidence of Damascius", The Journal of Hellenic Studies, Vol. 113 (1993), pp. 1-29.
BERETTA, Gemma, Ipazia d'Alessandria, Roma, Editori Riuniti, 1993.
HAAS, Christopher, Alexandria in Late Antiquity: topography and social conflict, Baltimore and London, Johns Hopkins University Press, 1997.
REMONDON, R., "L'Egypte et la supreme resistance au christianisme (Ve - VIIe siecles)", Bulletin de l'Institut Français d'Archéologie Orientale, 51 (1952), pp. 63-78.